A tavola con le parole della cucina: perché si dice fare la scarpetta

A tavola con le parole della cucina: perché si dice fare la scarpetta

  • Postato: Apr 14, 2020
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Continua il nostro slalom tra le curiosità dell’italiano della cucina. Oggi ci imbattiamo in uno dei modi di dire più golosi della nostra amata lingua. Alzi la mano chi a tavola, dopo un bel piatto di pasta al sugo, non ha mai fatto la scarpetta?

Come, quando e perché?

L’espressione entra trionfante nel nostro lessico nel 1987, anno in cui fa il suo debutto ufficiale sulle pagine del Grande Dizionario Italiano. Luogo di nascita: l’area linguistica dei dialetti meridionali.

Come riporta il dizionario online della Treccani con questa fortunata combinazione di parole si indica il «raccogliere il sugo rimasto nel piatto passandovi un pezzetto di pane infilzato nella forchetta, o più comunemente tenuto tra le dita».

Un gesto che da Nord a Sud, passando per le Isole, accomuna cinquantacinque milioni di italiani.

Il curioso caso della parola scarpetta

Se sul suo significato sono tutti d’accordo, sull’origine della parola “scarpetta” la questione è quanto mai dibattuta. Tanto da non fa dormire sonni tranquilli ai linguisti. Sono diverse le ipotesi al vaglio degli inquirenti.

C’è chi ritiene che questa espressione rimandi a un tipo di pasta dalla forma concava, perfetta quindi per tirare a raccolta tutto il sugo rimasto nel piatto. Per altri invece, trae origine dalla similitudine tra l’azione di far danzare il pezzo di pane sul piatto e la scarpa che strisciando a terra raccoglie tutto quello che trova.

Infine, molti la ricollegano al vocabolo “scarsetta”, ovvero ‘povertà’, oggi caduto nel dimenticatoio. Secondo i sostenitori di questa opzione, era proprio la condizione di difficoltà economica a spingere i più bisognosi ad accontentarsi di poco, cioè di quello che rimaneva nel piatto.

Insomma, ancora oggi il caso è  aperto. Ai posteri l’ardua sentenza. Noi intanto, “Vostro Onore”, ci teniamo stretti questa tradizione che in un baleno riesce a  farci sentire a casa. Più felici e contenti.

Non ce ne vogliano i “principi” del Galateo.