Contro lo spreco della frutta che non è “abbastanza bella”: ecco cosa si fa in Europa
“L’abito non fa il monaco”. Un proverbio ascoltato e pronunciato milioni di volte. Peccato però che risulti sconosciuto alle leggi europee relative al commercio di frutta e verdura e alle norme auto imposte dalle grandi catene di distribuzione.
Nonostante un alleggerimento delle leggi 10 tipi di frutta e verdura (il 75% del mercato) devono rispondere ancora a determinati standard estetici. Non è sufficiente che siano comunque sani e buoni. Quindi melanzane deformi, mele grottesche e peperoni bitorzoluti assolutamente commestibili, dal campo di coltivazione prendono la strada per la discarica senza finire sulle tavole dei consumatori.
Un “delitto” alimentare in piena regola con un impatto ambientale decisamente negativo.
Non tutti però restano immobili davanti questo spreco. Una risposta convincente arriva da Lisbona, dove l’ingegnere ambientale Isabel Soares con un gruppo di volontari ha fondato “Fruta Feia”. Il meccanismo della cooperativa è semplice: i volontari comprano direttamente dagli agricoltori vicino alla capitale portoghese i prodotti ortofrutticoli, scartati dal mercato, a costi ribassati e li rivendono ai loro soci in apposite casse a prezzi contenuti. Si dribblano così le norme europee che si applicano ai prodotti confezionati e non a quelli sfusi.
La filosofia di “Fruta Feia” non è isolata. In principio fu la catena di supermercati francesi “Intermarchè” a dare una seconda occasione a frutta e verdura dall’aspetto bizzarro. Sull’onda di una campagna pubblicitaria che valorizza le qualità della mela “grottesca”, del limone “fallito”, della patata “ridicola” e della melanzana “sfigurata”, la terza catena di supermercati francesi ha dedicato un apposito banco a questi prodotti, scontandoli del 30%. Un’idea ripresa anche dalla Germania grazie ad “Ugly Fruits” e dalla Gran Bretagna. In California, invece, pacchi di ortaggi e frutta, non graziati da Madre Natura , sono venduti dall’azienda “Imperfect Produce” nelle città della regione di San Francisco. I risultati? Un successo con la S maiuscola.
In fondo l’aspetto esteriore non è tutto, specie quando si tratta di cibo.
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Tag:buone pratiche, lotta allo spreco, redistribuzione